Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita

da ilmessaggero.it

Chi vuole mettersi in proprio e non ha già la fortuna di avere alle spalle uno studio professionale, come prima cosa deve assicurarsi le “quattro mura” dove esercitare. Spesso chi possiede una casa spaziosa non esita a trasformare la sala hobby o la camera in più in studio investendo l’appartamento del duplice ruolo di abitazione e luogo di lavoro. Ciò significa anche che alcuni costi da sostenere riguarderanno servizi utilizzati sia nell’ambito familiare che in quello professionale. Ma il fisco come vede queste spese?

Per dedurre il costo relativo alle bollette ed alle altre spese per l’acquisto di beni e servizi utilizzati promiscuamente, il metodo è abbastanza semplice: in linea generale il professionista che ha scelto di lavorare in casa può dedurre il 50% dell’importo. Le bollette del telefono, ad esempio, indipendentemente dal numero di chiamate effettuate nelle ore di lavoro o nei momenti di relax, sono quindi deducibili per la metà. Stesso discorso per la bolletta dell’energia elettrica e le spese condominiali. E i relativi importi, ricordiamo, vanno riportati nel quadro E della dichiarazione dei redditi, quello che riguarda il lavoro autonomo (consumi o spese relative agli immobili).

Anche altre spese relative all’appartamento utilizzato sia come abitazione che come luogo di lavoro possono essere dedotte. E’ deducibile al 50% la rendita catastale dell’immobile, di proprietà o posseduto a titolo di usufrutto o altro diritto reale, utilizzato promiscuamente per l’esercizio dell’arte o professione e per l’uso personale o familiare del contribuente.
Se l’immobile utilizzato promiscuamente è in locazione, si potrà dedurre sempre il 50% del canone di locazione. Viceversa per le spese per l’acquisto di fax, computer, e attrezzature per ufficio la deducibilità è al 100%: anche se si trovano in un appartamento adibito sia ad abitazione che a luogo di lavoro, questi beni sono strumentali, perché direttamente funzionali all’esercizio della professione e non relativi all’immobile in cui si esercita.
E attenzione: chi possiede o ha la disponibilità di uno studio professionale nello stesso Comune in cui risiede ed utilizza anche il proprio appartamento come luogo di lavoro non può godere della deduzione delle spese relative a quest’ultimo, neanche in parte.
Infine, se si vuole rimettere a nuovo l’appartamento utilizzato promiscuamente si può dedurre il 50% delle spese per servizi e della quota di competenza delle spese di ammodernamento e manutenzione straordinaria.

Ovviamente, sulle bollette c’è anche l’Iva: dato che queste si riferiscono a servizi utilizzati promiscuamente, al contribuente dovrebbe essere consentito detrarre la quota d’imposta che si riferisce all’attività lavorativa.
Tornando all’esempio della bolletta del telefono, il professionista che lavora in casa dovrebbe avere la possibilità di detrarre la parte di Iva relativa alle chiamate ai clienti. Nello specifico la norma afferma che la detrazione Iva è consentita secondo criteri oggettivi coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. In breve, non viene indicato un importo fisso di detrazione. E qui iniziano i dolori per il contribuente che dovrà individuare un criterio sufficientemente oggettivo per la quota riferibile all’attività.

Per detrarre l’Iva sulla fattura del metano per riscaldamento si dovrà tenere conto della cubatura dei locali dell’appartamento? Per la bolletta dell’elettricità si dovrà calcolare la potenza impegnata durante le ore di lavoro? Un bel rompicapo. Comunque sono criteri “sufficientemente oggettivi” quelli appenadetti e cioè determinare i metri cubi dello studio e rapportarli alla percentuale di Iva da detrarre sulla fattura del riscaldamento, oppure, per l’Iva sulla bolletta della luce, calcolare i chilowattora consumati durante le ore di lavoro. E per il telefono? Separare le chiamate fatte alla mamma e all’amica del cuore da quelle prettamente di lavoro.

Come si vede, qualsiasi criterio “sufficientemente oggettivo” venga scelto, il contribuente onesto rischia di doversi imbarcare in un’operazione certosina e non esente da errori. Il consiglio, pertanto, rispetto alla possibilità di detrarre l’Iva è quello di utilizzare un criterio sicuramente oggettivo ma nello stesso tempo più prudenziale possibile, al fine di prevenire possibili tentativi di recupero dell’imposta da parte dell’Amministrazione finanziaria in caso di controlli.

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