Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita

da ilmessaggero.it

Chi vuole mettersi in proprio e non ha già la fortuna di avere alle spalle uno studio professionale, come prima cosa deve assicurarsi le “quattro mura” dove esercitare. Spesso chi possiede una casa spaziosa non esita a trasformare la sala hobby o la camera in più in studio investendo l’appartamento del duplice ruolo di abitazione e luogo di lavoro. Ciò significa anche che alcuni costi da sostenere riguarderanno servizi utilizzati sia nell’ambito familiare che in quello professionale. Ma il fisco come vede queste spese? Leggi tutto “Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita”

Panni stesi in condominio: i limiti

da studiocataldi.it

Chi abita in condominio sa benissimo che non può fare quello che vuole. Del resto il condominio è una comunità, in cui è necessario rispettare le esigenze di tutti e venirsi incontro. Uno dei problemi, sicuramente evitabile, applicando le regole della buona educazione è quello dei panni stesi. Come si può pensare di stendere la propria biancheria grondante di acqua sopra il terrazzo dell’appartamento sottostante e pretendere che il proprietario non si lamenti, magari dopo avergli rovinato la sua poltrona preferita? Prima di adottare questa pessima e fastidiosa abitudine, è bene consultare il regolamento condominiale, che potrebbe disporre anche sanzioni pecuniarie per chi trasgredisce. Questo, in assenza di un titolo che legittimi la servitù di “gocciolio”. E se il regolamento nulla dispone e non esiste una servitù? Come ci si deve comportare? In questo caso è necessario consultare il sito del Comune di appartenenza e controllare se e cosa prevede il regolamento comunale o se è stata emessa un’ordinanza ad hoc in materia, come è successo quest’anno in diversi Comuni italiani.

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Bonus verde 2018, come funziona nel caso di lavori in condominio

da idealista.it

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito qual è l’ambito di applicazione del bonus verde per quanto riguarda i lavori effettuati nei condomìni. Vediamo quanto specificato.

All’interno della rubrica “La Posta” di Fisco Oggi è stato posto il seguente quesito:

Il bonus verde spetta anche per i lavori effettuati nei condomìni?

L’Agenzia delle Entrate ha così risposto:

La legge di Bilancio 2018 ha introdotto una nuova agevolazione fiscale connessa agli interventi di “sistemazione a verde” degli immobili.

Più precisamente, per il 2018, è prevista una detrazione Irpef del 36% delle spese sostenute (fino a un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro) per le seguenti tipologie di interventi eseguiti su abitazioni:

  • sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;
  • realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

Il bonus verde spetta anche per le spese sostenute per interventi eseguiti sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, fino a un importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo.

In questo caso, ha diritto alla detrazione il singolo condomino, nel limite della quota a lui imputabile, a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi (articolo 1, commi da 12 a 15, legge 205/2017).

Perdite idriche: l’amministratore di condominio è responsabile?

da laleggepertutti.it

All’apertura della casa per le vacanze sei stato accolto da una brutta sorpresa: gran parte del soffitto è rovinata a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento del piano di sopra, anche questo di proprietà di un villeggiante. Ricostruire come sono andati i fatti non è difficile: essendo i due immobili disabitati in gran parte dell’anno, nessuno si è accorto delle perdite. Nessuno tranne l’amministratore il quale, a quanto sembra, era consapevole del rischio di allagamenti per essergli stato fatto presente dal condomino in questione. Anzi, quest’ultimo gli aveva anche chiesto di cercare una ditta per i lavori. Tutto ciò non è stato fatto e, nel frattempo, i danni sono divenuti consistenti. Pertanto ti chiedi se l’amministratore di condominio è responsabile per le perdite idriche. La risposta è contenuta in una recente sentenza del tribunale di Como.

Il problema dell’allagamento tra due appartamenti – quello del piano di sopra e quello del piano di sotto – è stato affrontato più volte dalla giurisprudenza, un po’ per definire la linea di confine tra la responsabilità dei condomini e quella del condominio, un po’ per chiarire chi deve partecipare alle spese di ripristino dei locali. Non sono infatti rare le controversie che sorgono proprio dalla difficoltà nel quantificare le spese per la pitturazione e il ripristino dei locali ammalorati dall’umidità e dall’acqua. In generale però la regola è sempre quella che “chi rompe paga”; e quindi, anche nel caso di infiltrazioni, bisogna verificare di chi è la tubatura o il rubinetto danneggiato che ha procurato le infiltrazioni.

Chi è responsabile per le infiltrazioni di acqua?

Nessun dubbio sul fatto che, in caso di perdite idriche, sia innanzitutto responsabile il condomino proprietario dell’impianto interessato dal guasto. A tal fine bisogna incaricare un tecnico che verifichi l’esatto punto ove si è verificata la rottura. Alcune di queste, infatti, sono di proprietà del condominio e, in tal caso, a concorrere alla spesa saranno tutti i condomini dello stabile; altre invece sono di proprietà dei singoli condomini ed allora compete a questi ultimi soltanto accollarsi gli oneri del ripristino.

In particolare, le cosiddette tubature verticali, quelle che portano l’acqua nei singoli appartamenti, sono di titolarità del condominio. È quindi quest’ultimo tenuto a risarcire i danni procurati agli immobili: danni consistenti, oltre ovviamente al ripristino dei locali e della pittura, e all’eliminazione della perdita. Sarà l’amministratore a incaricare una ditta idraulica e di imbianchini, ripartendo poi l’uscita tra tutti secondo millesimi. A partecipare sarà anche il condomino danneggiato, in quanto facente parte dell’edificio.

Discorso diverso riguarda le tubature orizzontali, quelle cioè che si innestano nelle tubature verticali per ogni piano del palazzo e portano l’acqua nei singoli appartamenti. Queste sono di proprietà dei condomini. Ed è proprio in questo caso che sorgono i principali problemi. Una volta individuata infatti l’origine della perdita, il proprietario dell’immobile deve immediatamente chiamare una ditta che provveda ad aprire il pavimento e a riparare il guasto. Lo deve fare senza potersi rivalere sul vicino del piano di sotto il quale è invece “danneggiato” e quindi ha diritto anche al rifacimento dell’intonaco rovinato dalle infiltrazioni di acqua.

L’amministratore è responsabile per le perdite di acqua?

Vediamo ora quali possono essere i profili di responsabilità dell’amministratore che, consapevole del rischio di allagamento, non si sia attivato per escluderlo, ridurlo o semplicemente non abbia avvisato i proprietari degli appartamenti.

Il codice civile stabilisce che l’amministratore ha l’incarico di tutelare le parti comuni dell’edificio e far rispettare il regolamento. Si evince quindi che nessuna competenza ha in merito alle diatribe tra vicini di casa relative alle proprietà individuali, le quali vanno sbrogliate dai diretti interessati. Ecco perché, ad avviso del giudice comasco, «nessuna responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale, può attribuirsi all’amministratore del condominio» che, conseguentemente, va assolto dalle pretese di risarcimento.

Significativa l’ulteriore precisazione: «va poi escluso che l’amministratore abbia l’obbligo di vigilare sulle proprietà esclusive e nemmeno è richiesta la presenza costante nel condominio». Se uno dei condomini gli comunica di aver intenzione di sostituire un rubinetto perché perde, l’amministratore non deve verificare che il soggetto ottemperi o meno all’impegno assunto per evitare spargimenti d’acqua alle altre proprietà.

La sentenza conferma che il limite fondamentale che l’amministratore incontra nella propria competenza e nelle proprie responsabilità, anche in tema di atti conservativi e lavori urgenti, è quello che le parti e i servizi siano comuni, salvo gli sia conferito un ulteriore mandatoespresso dai singoli condomini.

Come ha precisato la Cassazione, il codice civile e le leggi speciali imputano all’amministratore condominiale “doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo d’essere dei beni condominiali provochi danno di terzi”. E, tuttavia, è proprio “in relazione a tali beni”, e non anche a beni e impianti privati, che “l’amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo d’essere, si trova nella posizione di custode”

Quali sono le regioni con più litigi in condominio?

da notizie.yahoo.com

Motivi futili

I motivi che scatenano le liti e gli omicidi sono legati a rapporti di cattivo vicinato. Un’anziana di Chiaravalle (Ancona), è stata uccisa dal vicino affetto da ludopatia, che ha colto l’occasione per derubarla e consegnare la refurtiva a un Compro Oro. Senza dimenticare il fatto di cronaca dello scorso gennaio, a Crotone, dove il 18enne Giuseppe Parretta ha perso la vita dopo 5 colpi di pistola esplosi per mano del 57enne Salvatore Gerace, per futili discussioni di condominio.

Le regioni più litigiose

Sono 2 milioni e 200mila le cause pendenti in tribunale legate a liti condominiali. Spulciando i dati del Codacons di febbraio 2018, emerge che nel Lazio e in Campania sono 190mila le cause pendenti scatenate da rapporti di cattivo vicinato. Si attestano a 160mila quelle in Veneto e Sicilia, in Emilia-Romagna si fermano a 140mila casi. Le cause principali riguardano il poco rispetto della parti comuni, seguite dagli schiamazzi e rumori molesti e dalla televisione a volume troppo alto. Chiudono la classifica dei motivi che causano litigate tra vicini gli odori molesti e i problemi legati agli animali domestici.

Vietato registrare di nascosto la riunione di condominio

da studiocataldi.it
Deve ritenersi vietata la video registrazione di una riunione di condominio effettuata in maniera occulta da un singolo condomino senza il previo consenso informato di tutti i partecipanti. Della vicenda riguardante la privacy condominiale se ne è occupato il Tribunale di Roma nella sentenza n. 13692/2018 (qui sotto allegata).
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici capitolini nasce dalla citazione di una signora che, evocando in giudizio il Condominio, chiedeva annullarsi una delibera assembleare ritenuta invalida per una serie di motivazioni, tra cui la circostanza che il verbale era stato redatto lasciando spazi in bianco riempiti successivamente.
Asserzioni che la donna ritiene dimostrate grazie alla registrazione della riunione assembleare da lei effettuata. Ciononostante, per i giudici le domande attoree non trovano accoglimento e vengono rigettate in quanto infondate e/o non provate, rimanendo valida ed efficace la delibera impugnata.
In particolare, per il Tribunale l’attrice non ha adempiuto l’onere della prova a suo carico in quanto la registrazione audio dell’impugnata assemblea dell’assise condominiale, posta a fondamento della domanda, è sta da lei effettuata senza previa autorizzazione e dunque non risulta utilizzabile.

Condominio: illegittima la registrazione dell’assemblea senza previo consenso

Al riguardo, i giudici rammentano che ogni condomino ha diritto di chiedere all’amministratore che la riunione condominiale sia registrata avendo la giurisprudenza di legittimità chiarito che, ciascun partecipante a una conversazione, sia essa una riunione di condominio o un colloquio tra amici, accetta il rischio di essere registrato (Cass. 18908/2011).

Inoltre, non si verifica la lesione alla privacy dei partecipanti, in quanto la registrazione non dà luogo alla “compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo da chi palesemente vi partecipa o assiste” (Cass. S.U. 36747/2003).
Tuttavia, nonostante ogni partecipante all’assemblea abbia il diritto di registrare durante l’assemblea, va sottolineato come egli sia tenuto a non divulgare il contenuto a terzi non presenti durante l’assemblea.
In questo caso si verificherebbe un reato (art. 167 d.lgs. 196/2003), salvo il caso in cui si sia ottenuto il consenso alla divulgazione da parte di tutti i partecipanti all’adunanza o che la diffusione si renda necessaria per tutelare un proprio diritto.
Anche l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, nel vademecum “Il condominio e la privacy”, ha chiarito che l’assemblea condominiale può essere registrata, ma solo con il consenso informato di tutti i partecipanti.
Nel caso in esame, invece, la proponente non è stata autorizzata e dunque la registrazione audio deve ritenersi illegittima e non utilizzabile per provare i fatti dalla stessa posti a fondamento della sua domanda, non essendo, in sostanza, soddisfatto l’onere probatorio che compete a parte attrice.

Sanzione al condominio, sanatoria edilizia e ripartizione della spesa

da laleggepertutti.it

Due condomini vogliono vendere rispettivamente il proprio appartamento ed il proprio garage nelle nostre palazzine, ma sono impossibilitati perché i disegni depositati presso l´ufficio tecnico del Comune nel 1968 non corrispondono a quanto realizzato (per incremento della superficie degli appartamenti, maggior numero totale di garage ottenuti tramite diversa suddivisione etc). Si autodenunceranno presso il Comune al fine di richiedere una sanatoria e quest’ultimo interverrà obbligando tutti i condomini a partecipare alla richiesta di sanatoria. Dato che la maggior parte dei costi (circa il 9% di € 60.000) sarà a mio carico per via dei millesimi – e tale azione non è nei miei interessi – come posso dissociarmi o richiedere la suddivisione pro-capite e non per millesimi?

La ripartizione della spesa per la sanatoria edilizia va fatta accollando gli importi ai soggetti che il Comune riterrà responsabili delle difformità. Per cui se l’ente riterrà di dover infliggere la sanzione al condominio in generale (per sanare opere di proprietà condominiale), allora l’importo della sanzione amministrativa andrà suddiviso tra tutti i condomini in ragione dei millesimi.

Se il comune infliggerà la sanzione solo ad alcuni proprietari (e non al condominio) è chiaro che dovranno essere loro soltanto a pagare. Se poi la sanzione sarà inflitta al condominio in generale ma si hanno le prove che gli abusi sulle proprietà condominiali furono commessi solo da alcuni condomini, allora la sanzione inflitta dal comune all’intero condominio dovrà essere ripartita dall’amministratore solo a carico dei condomini responsabili tenendo presente comunque che al Comune non interessa chi paghi, ma che si paghi (per cui la ripartizione interna al condominio della sanzione non sposta il termine per il pagamento dell’intera sanzione).

La sanatoria è sempre un’autodenuncia: pertanto, se anche i locali del lettore(probabilmente come tutti gli altri) si trovano nella stessa situazione, questi potrebbe anche non chiedere la sanatoria, la quale non gli può essere imposta. In questo modo il lettore rimarrà estraneo ad ogni spesa, in quanto la sanatoria di beni di proprietà esclusiva cose non comuni) grava solamente sui proprietari. È chiaro, però, che così facendo lo stesso rischia di esporsi ad un accertamento da parte dell’ufficio tecnico: l’autodenuncia presentata solo da alcuni, infatti, non limita i poteri di accertamento del Comune, il quale potrà sempre effettuare un sopralluogo. In quel caso, non potrà sfuggire né alla sanzione né all’adeguamento dell’immobile.

Il criterio è, quindi, il seguente: la sanatoria delle parti comuni grava su ciascun condomino in proporzione ai millesimi; quella delle singole proprietà, invece, è esclusiva dei titolari.

Si ricorda, infine, che secondo la giurisprudenza, in caso di mancato assenso degli altri condomini, l’ente può negare la concessione in sanatoria quando l’abuso interessi parti comuni del fabbricato: «In caso di opere che incidono sul diritto di altri comproprietari, l’amministrazione è legittimata ad esigere il consenso degli stessi (che può essere manifestato anche per fatti concludenti); perciò, qualora vi sia un conclamato dissidio fra i comproprietari in ordine all’intervento progettato in base al mero riscontro della conformità agli strumenti urbanistici, e maggior ragione nell’ipotesi di sanatoria edilizia di opere abusive quindi già realizzate, deve ritenersi che in caso di mancato assenso degli altri condomini, l’ente può negare la concessione in sanatoria chiesta ai sensi dell’articolo 39 della legge 724/94 laddove si ritiene che l’abuso interessi parti comuni del fabbricato» (Tar Sicilia, sentenza n. 1477 del 14 giugno 2016; nello stesso senso anche Tar Sardegna, sez. II, sent. 5 giugno 2017 n. 378 e Cons. St., sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282, a proposito, però, della diversa ipotesi di condono).

Casa vacanza affittata in nero, ecco i rischi e le sanzioni

da idealista.net

Il proprietario della casa vacanza che affitta in nero, senza stipulare con l’inquilino un contratto di locazione breve, rischia di incorrere in sanzioni fiscali e conseguenze civili.

La mancata registrazione, infatti, viene considerata evasione fiscale e pertanto può portare a sanzione che vanno dal 120% al 240% dell’imposta evasa, in caso di omessa dichiarazione del canone d’affitto nella dichiarazione dei redditi, e dal 200% al 400% in caso di inferiore del canone d’affitto (dichiarazione infedele).

Ma non solo, perché dal punto di vista giuridico l’affitto in nero è considerato nullo. Pertanto questo implica anche che il proprietario della casa vacanze non può usufruire della procedura di sfratto, così da non poter riottenere in tempi brevi il proprio appartamento.

Inoltre l’inquilino può rifiutarsi di pagare l’affitto e chiedere eventualmente la restituzione dei pagamenti già effettuati, non essendo stato stipulato alcun tipo di contratto. E sono previste sanzioni anche per i ritardi: il 30% dell’imposta versata in ritardo; 35 euro per risolvere un contratto con 30 giorni di ritardo; 67 euro per risolvere un contratto con oltre 30 giorni di ritardo.

Permessi Legge 104: nuove precisazioni INPS

da fiscoetasse.com

Nel Messaggio n. 3114 del 07 agosto 2018 l’INPS fornisce nuove indicazioni sulla fruizione dei permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/92 e del congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001. In particolare si specificano alcuni casi di particolari  modalità organizzative dell’orario di lavoro: lavoro per turni, part time.

Ricordiamo  che la  legge prevede , in generale, la possibilità di fruire di permessi e congedi connessi al riconoscimento dello stato di  disabilità  proprio o di un proprio  familiare da assistere , previa  domanda di accertamento dei requisiti sanitari  specifici all’INPS.

Nel dettaglio i benefici si possono identificare con le seguenti tipologie
a) Congedo figli disabili
b) Permessi retribuiti
c) Congedo straordinario

I permessi retribuiti consistono in 3 giorni al mese di permesso oppure  2 ore di permesso  giornaliero (con  orario di lavoro pari o superiore a 6 ore) ovvero 1 ora di permesso se inferiore a 6 ore,  per tutti i giorni del mese .

Hanno diritto   i lavoratori disabili   e i seguenti soggetti che assistono disabili:

  •  genitori lavoratori dipendenti;
  •  coniuge lavoratore dipendente;
  •  parenti o affini entro il 2° grado ( figli ) ma  il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado se  genitori o il coniuge hanno piu di  sessantacinque anni di età  oppure  siano deceduti o affetti da patologie invalidanti).

Non hanno invece diritto ai permessi in oggetto i seguenti soggetti:
1) lavoratori a domicilio;addetti ai servizi domestici e familiari;
2) agricoli a tempo determinato occupati a giornata, né per se stessi né in qualità di genitori o
familiari ;
3) autonomi e parasubordinati.

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Primo sì alla legge “salva bebè”: ecco cosa prevede

da skytg24.it

Il dispositivo sarà individuato dal ministero dei Trasporti

Per evitare casi in cui i bimbi vengano dimenticati dentro l’abitacolo, la proposta prevede, in generale, un dispositivo obbligatorio dotato di un segnale luminoso e uno acustico che avviseranno i genitori della presenza del bambino in auto, anche quando si spegne la macchina. Stando al testo della proposta, le caratteristiche tecniche del dispositivo verranno poi individuate dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che dovrà emanare un decreto entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Negli ultimi dieci anni, i casi di questo genere in Italia sono stati otto. L’ultimo nel maggio 2018 a Pisa: una bambina di un anno è morta dopo essere stata lasciata chiusa in macchina in un parcheggio.

“Dal primo gennaio 2019”

Il testo della proposta, che consta di un solo articolo e due commi, recita: “A partire dal primo gennaio 2019, tutti i sistemi di ritenuta per bambini previsti dal comma 1 dell’articolo 172 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, devono essere dotati di un dispositivo acustico e luminoso atto a rilevare la presenza di un bambino nell’abitacolo”.

Incentivi per l’acquisto

Il ministro Toninelli, che già si era espresso negli scorsi mesi sull’argomento, ha assicurato l’impegno del governo nel fornire incentivi congrui per l’acquisto dei sensori “salva bebè”. In queste settimane e nei prossimi mesi il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti lavorerà in stretta collaborazione con il ministero dell’Economia per trovare le adeguate coperture finanziarie, probabilmente già in legge di Bilancio.

La prima firmataria: Giorgia Meloni

La proposta, presentata il 22 maggio, è stata firmata per prima da Giorgia Meloni. “Sono veramente contenta. È un grande onore per me dare il nome a una legge che salverà i bambini da un fenomeno, quello della distrazione genitoriale, che purtroppo colpisce tutte le società”, ha detto la leader di Fratelli d’Italia che, insieme ad alcuni deputati del suo partito, ha festeggiato in piazza Montecitorio il primo via libera alla legge.