Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita

da ilmessaggero.it

Chi vuole mettersi in proprio e non ha già la fortuna di avere alle spalle uno studio professionale, come prima cosa deve assicurarsi le “quattro mura” dove esercitare. Spesso chi possiede una casa spaziosa non esita a trasformare la sala hobby o la camera in più in studio investendo l’appartamento del duplice ruolo di abitazione e luogo di lavoro. Ciò significa anche che alcuni costi da sostenere riguarderanno servizi utilizzati sia nell’ambito familiare che in quello professionale. Ma il fisco come vede queste spese? Leggi tutto “Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita”

Multe fino a 425 euro per chi getta rifiuti dal finestrino

da studiocataldi.it

L’arrivo dell’estate non porta solo il caldo, ma anche gesti di una maleducazione insopportabile. Non è infrequente infatti assistere a lanci di rifiuti più o meno grandi dai finestrini aperti della auto in corsa o in sosta. Che si tratti di fazzolettini, chewing gum, cartacce varie o mozziconi di sigaretta, chi li compie non commette solo un gesto estremamente selvaggio, ma un vero e proprio illecito amministrativo, sanzionato dall’art. 15 del Codice della Strada con multe fino a 425 euro. La cattiva abitudine di gettare piccoli rifiuti non riguarda però solo i conducenti delle auto o dei mezzi in circolazione in generale. La legge n. 221/2015 in materia ambientale prevede infatti che chi getta a terra piccoli rifiuti (scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare) è sanzionabile con una multa che va dai 30 ai 150 euro, che è raddoppiata se il rifiuto è un prodotto da fumo. Come evitarlo? Semplice, basta tenere in auto un sacchetto da destinare ai piccoli rifiuti, anziché gettarli per strada.

Vietato gettare rifiuti dai veicoli in sosta o movimento

Gettare rifiuti dal finestrino non è solo un comportamento cafone, ma un vero e proprio illecito amministrativo sanzionato dal Codice della Strada. L’art. 15 del Dlgs. n. 285/1992 infatti, al comma 1 lettera f bis) prevede il divieto di “insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento”.

La condotta è sanzionata dal successivo comma 3-bis secondo il quale: “Chiunque viola il divieto di cui al comma 1, lettera f-bis), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 106 a euro 425”, importo aggiornato dall’art. 1, comma 1, D.M. 16/12/2014, a partire dal primo gennaio 2015.

Multa salata insomma per tutti quei conducenti e passeggeri che hanno la cattivissima abitudine di svuotare i posacenere delle auto sulle strade o sui marciapiedi, o di gettare carte alimentari, fazzolettini, salviette e chi più ne ha più ne metta.

Fino a 300 euro di multa per chi getta rifiuti

Il divieto di sporcare le strade sancito dall’art. 15 del Codice della Strada è stato rafforzato dall’entrata in vigore della legge n. 221/2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”.

I commi 2 e 3 dell’art. 40 di detta legge, che al comma 1 prevede modifiche al dlgs. n. 152 del 3/04/2006, dispongono infatti che: “E’ vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi”.

La legge introduce anche il divieto (ex art. 232-ter) di abbandonare sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare.

All’articolo 255, dopo il comma 1, infine, e’ inserito il seguente: «1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all’articolo 232-ter e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l’abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’articolo 232-bis, la sanzione amministrativa e’ aumentata fino al doppio”.

Congedo con legge 104, per quali motivazioni viene rifiutato?

da investireoggi.it

Congedo per legge 104, ecco alcune cause che fanno venir meno il diritto, le esamineremo rispondendo ai quesiti dei nostri lettori:

Convivenza o coabitazioneHo fatto richiesta al caf x usufruire del biennio x mia sorella. I requisiti sono tutti a posto tranne la stessa residenza. Il comune e’ lo stesso. Io prima di caricare la domanda sono andato al comune e non mi anno voluto riconoscere la residenza. E mi hanno rilasciato un certificato di diniego x motivo che l’alloggio e’ una casa popolare e mia sorella dietro la morte di entrambi i genitori non aveva diritto al subentro. Per questi motivi io sono sprovvisto della stessa. Inps mi ha caricato la pratica dicendo che era a posto e lo consegnata alla mia azienda. Sto in regola o rischio il riggetto. Ti prego rispondimi  grazie.

Risposta

Se ho capito bene, lei ha inoltrato la domanda la CAF, quando dice caricare significa che ha avuto il protocollo di invio, la pratica però dev’essere lavorata dall’INPS, che farà i dovuti accentarmenti.

Ricordiamo, che se il requisito di convivenza o coabitazione, non è soddisfatto non si può accedere al diritto a fruire del congedo straordinario legge 151.

Nel congedo straordinario legge 151, il requisito della convivenza è richiesto per il coniuge e i componenti dell’unione civile, i figli e i fratelli o le sorelle, il parente o affine entro il terzo grado, non è invece richiesto per i genitori, anche adottivi, dei figli con disabilità grave (D.Lgs 119/2011 art. 4 comma 5).

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Condominio, il furto in cortile è come quello in casa

da ilsole24ore.com

Rubare una bicicletta in un cortile condominiale equivale a rubare in casa. Questo, in sintesi, il principio applicato di recente dalla Cassazione al furto di una bicicletta effettuato da un soggetto che si era intrufolato in un cortile privato dove era custodita e appartenente a una condomina (sentenza 27143/2018). Il furto, tuttavia, non era riuscito perché il ladro era stato osservato dal portiere, che lo aveva fatto bloccare all’esterno del complesso.

La Corte d’appello aveva confermato la sentenza del tribunale che aveva condannato l’intruso per il reato «di furto in abitazione e furto con strappo» (articolo 624 bis del Codice penale: reclusione da uno a tre a sei anni e multa da 927 a 1.500 euro) mentre il condannato – ricorrente contestava tale qualificazione del fatto sostenendo che il tentativo di uscire immediatamente dal cortile doveva essere valutato in modo da inquadrate il comportamento nel reato di «furto non consumato in abitazione o nelle sue appartenenze» (articolo 624 del Codice penale: reclusione da sei mesi a tre anni e multa da 154 a 516 euro) o nel reato di «furto d’uso» (articolo 626: reclusione fino a un anno o multa fino a 206 euro).

Per la Cassazione l’analisi dei fatti effettuata dalla corte di merito aveva ben illustrato come si fosse concretizzato il tentativo di furto, senza che fosse possibile diversamente qualificarlo né come «furto d’uso» (non era credibile che il condannato avesse voluto fare un uso momentaneo della bicicletta solo per percorrere alcuni metri interni al cortile) né come «furto non consumato in abitazione» perché, per orientamento costante della giurisprudenza «il cortile interno di una abitazione viene individuato come una pertinenza della medesima così da doversi configurare in caso di sottrazione di beni da tale spazio, il delitto previsto dall’articolo 624-bis codice penale».

Tfr: sulla somma totale chi paga le tasse?

da investireoggi.it

Buongiorno, vorrei porLe una domanda.

Mio marito a seguito di denuncia per licenziamento illecito, ha fatto accordo (tramite avvocati) di ricevere la somma pattuita dal giudice di 6.000€ sotto forma di Tfr che la ex ditta è in concordato.
Ha avuto (dopo precetto da ns avvocato) bonifico di 4541,00, in seguito il ns avvocato ha detto che la restante somma non verrà corrisposta perché la ditta l’ ha utilizzato per pagare ad Agenzia entrate le tasse sui 6000€ a nome di mio marito.
E lecito tutto ciò?
Non dovevano corrispondere la tot della somma e poi mio marito avrebbe pensato lui a pagarci le tasse?
E poi…..doveva pagarci le tasse?
Grazie.

La liquidazione del Tfr è sempre soggetta a tassazione poiché il trattamento di fine rapporto che spetta al dipendente è da ritenersi al lordo delle imposte.

Le tasse da applicare sul TFR, quando viene liquidato dal datore di lavoro, che funge anche da sostituito di imposta, devono essere sottratte dal TFR lordo totale per ottenere l’imposta netta da liquidare al dipendente al termine del rapporto di lavoro.

Quindi è lecito che il datore di lavoro abbia versato le imposte al posto di suo marito poiché è il suo dovere di sostituto di imposta.

Tasse sulla casa: dopo quanti anni non si pagano più?

da laleggepertutti.it

Può succedere – e succede – di dimenticare una scadenza fiscale e di non versare le imposte per tempo. Il che è del tutto lecito atteso che gli appuntamenti con le tasse sono disseminati nell’arco dell’anno. Proprio per rinfrescare la memoria agli smemorati, vengono spedite le cartelle di pagamento prima dell’avvio del pignoramento vero e proprio. Dal giorno della notifica, il debitore ha 60 giorni di tempo per regolarizzarsi. Capita anche che, all’invio delle cartelle, non sempre seguono i fatti. Così, quando l’agente della riscossione resta inerme per molto tempo, il suo diritto alla riscossione cade in prescrizione. Tradotto in parole povere: non bisogna pagare più nulla. I termini della prescrizione sono essenzialmente due: 10 anni per le imposte dovute allo Stato e 5 per quelle locali (3 anni per il bollo auto, 5 per le contravvenzioni stradali e per i contributi previdenziali). Una recente sentenza della Cassazione [1] spiega dopo quanti anni non si pagano più le tasse sulla casa. La sentenza è particolarmente interessante perché ricorda come funziona il meccanismo dei solleciti di pagamento quando ci si dimentica di pagare l’Imu, la Tasi e la Tari (l’imposta sui rifiuti). Ma procediamo con ordine.

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Fatture false, la buona fede non salva la detrazione

da italiaoggi.it

La buona fede del soggetto passivo non salva la detrazione dell’Iva se l’operazione che gli è stata fatturata è inesistente; per negare il diritto alla detrazione, quindi, è sufficiente che l’amministrazione finanziaria dimostri che la cessione di beni o la prestazione di servizi non è stata realizzata. È quanto ha statuito la Corte di giustizia Ue nella sentenza 27 giugno 2018, cause riunite C-459/17 e C-460/17, risolvendo la questione pregiudiziale sottoposta dal consiglio di stato francese, che aveva chiesto di sapere se, in base alle disposizioni dell’articolo 17 della sesta direttiva in vigore all’epoca dei fatti, il cui contenuto è stato poi trasfuso, sostanzialmente identico, nella direttiva 2006/112/Ce del 28 novembre 2006 (direttiva Iva), l’amministrazione, al fine di rifiutare la detrazione dell’Iva menzionata sulla fattura emessa in relazione ad operazioni inesistenti, debba anche accertare la carenza di buona fede del soggetto passivo.

Al riguardo, la Corte osserva che, nel sistema dell’Iva, il diritto a detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi, per cui tale diritto non può sorgere in assenza della cessione o prestazione. Ricorda, poi, di avere precisato che l’esercizio del diritto in esame non si estende a un’imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata in una fattura (ovvero sulla base del c.d. principio di cartolarità sancito dall’art. 203 della direttiva Iva).

Pertanto, la circostanza che il soggetto passivo che invoca la detrazione sia o meno in buona fede non incide sulla questione se l’operazione sia stata effettuata: dalla giurisprudenza della Corte, infatti, emerge che il sistema comune si basa su una definizione uniforme delle operazioni imponibili, definizione che ha carattere obiettivo e deve essere interpretata indipendentemente dagli scopi e dai risultati, senza che l’amministrazione finanziaria sia obbligata ad indagare per accertare la volontà del soggetto passivo, oppure a tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni.

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Tasse, si allarga il condono: dalle cartelle Equitalia alle liti fiscali

da quifinanza.it

La maxi sanatoria fiscale sarebbe quasi pronta e si starebbe allargando sempre più con una pace fiscale che comprende sia le cartelle Equitalia che le liti fiscali. Sarebbe questo il piano del governo, come riportano le indiscrezioni di Repubblica, che riguarderebbe almeno 100 miliardi totali di tasse non pagate o contestate davanti ai giudici dai contribuenti italiani.

Si tratterebbe di una sanatoria tombale finalizzata al finanziamento della flat tax.
In tutto il governo guarda almeno a 100 miliardi totali di tasse: 50 miliardi nel “magazzino” di Equitalia e altrettanti nelle commissioni tributarie. Non solo le cartelle di Equitalia fino a 100mila euro (il 96% del totale), ma anche i contenziosi pendenti nelle commissioni tributarie provinciali (primo grado) e regionali (appello). Sarebbero circa 418mila, per un valore di 50,4 miliardi.

Tutte da cancellare offrendo un “saldo e stralcio” al 25 per cento: si paga un quarto e “pace fatta”, come ripete il vicepremier, Matteo Salvini. In alcuni casi di particolare difficoltà familiare o aziendale l’aliquota potrà scendere anche al 6 o al 10 per cento.

Riforma del condominio, cosa è cambiato? Novità e normative

da ilmessaggero.it

Con l’entrata in vigore della Riforma del condominio sono state introdotte nuove norme e regolamentati aspetti importanti che riguardano la vita nei condomini. Con l’approvazione parlamentare avvenuta nel novembre del 2012, infatti, il Regolamento condominiale così come era conosciuto da ormai 70 anni (non era più stato modificato dal 1942) ha cambiato decisamente volto. Circa 35 milioni di italiani vivono in palazzi e condomini e ogni anno aumentano esponenzialmente le controversie condominiali, che spesso finiscono in tribunale. Con la Riforma del condominio, il Governo ha voluto dare una risposta a questa crescente esigenza, mettendo nero su bianco regole, norme di civile convivenza nonché obblighi e doveri di inquilini e proprietari.

Dopo ben 10 anni di lavoro, discussioni in parlamento, modifiche, rettifiche e ben tre legislature che si sono succedute, la Riforma del Condominio è venuta finalmente alla luce nel 2012. Questa ha colmato una lacuna regolamentare, che dal 1942 vedeva l’applicazioni di vecchie norme e regole. I tempi moderni richiedevano però una revisione drastica e più attuale della conduzione dei condomini, svolta arrivata con la definitiva entrata in vigore del nuovo Regolamento nel 2013. Ma quali sostanziali novità sono state apportate? In particolare la figura dell’amministratore è stata caricata di maggiori responsabilità, con nuovi obblighi da adempiere, mentre l’assemblea condominiale ha ottenuto maggiori poteri. Importanti novità sono state introdotte anche in merito alla gestione economica dei palazzi e maggior autonomia è stata data ai singoli condomini.

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Legge 104, in arrivo il bonus da 1.900 euro per chi assiste familiari con disabilità

da quifinanza.it

È attualmente all’esame del Senato il nuovo Testo Unico in materia di caregivers familiari, con nuovi benefici fiscali e detrazioni per i familiari che assistono un disabile, ai quali si aggiunge il bonus di 1.900 erogato dall’Inps.
Si tratta di un testo che non è ancora stato approvato in via definitiva e che nasce dalla fusione di ben tre disegni di legge presentati al fine di introdurre nuove misure a favore di chi assiste un proprio familiare disabile. Quali sono le novità?

BONUS DA 1900 EURO – Nel confermare le agevolazioni fiscali vigenti, il Testo Unico in materia di assistenza disabili ne introduce anche di nuove. Nel dettaglio:

  • bonus disabili di euro 1.900 annui, erogato o sotto forma di contributo economico o di detrazioni fiscali per chi assiste un familiare disabile avente età pari o superiore agli 80 anni;
  • contributi previdenziali figurativi per la pensione;
  • possibilità di richiesta di part-time e telelavoro da casa;
  • riconoscimento della qualifica di caregiver familiare;
  • tutela per le malattie ed assicurazione del caregiver;
  • permessi legge 104;
  • ferie solidali.

COS’È – Il bonus assistenza familiari rientra nel pacchetto di misure previste in favore di coloro che assistono un proprio familiare con disabilità, più tecnicamente noti come “caregivers”. Il bonus, di importo pari ad euro 1.900 è riservato a chi presta assistenza ad un proprio familiare disabile di età pari o superiore agli 80 anni.

COME VIENE EROGATO – Può essere erogato in due modalità differenti:

  • sotto forma di detrazione fiscale, per coloro che assistono un familiare disabile ottantenne entro il terzo grado di parentela, a condizione che sia senza reddito o abbia un reddito Isee inferiore ad euro 25mila all’anno. L’erogazione, in questo modo, comporta una riduzione dell’Irpef pari al 19% delle spese sostenute per l’assistenza, fino ad un massimo di 10mila euro annui. Per l’ottenimento del bonus, il caregiver è tenuto a presentare ed a conservare lo stato di famiglia contenente il nominativi dell’assistito, nonché l’Isee;
  • sotto forma di contributo monetario erogato dall’Inps, avente durata di 1 anno.

A CHI SPETTA – Il bonus viene riconosciuto:

  • ai caregivers che prestano cura ed assistenza ad un parente entro il terzo grado di parentela, di età pari o superiore a 80 anni;
  • ai caregivers in possesso dello stato di famiglia e dell’Isee 2018;
  • ai caregivers senza reddito o con reddito Isee inferiore a euro 25mila annui, per fruire del bonus in forma di detrazione fiscale;
  • ai caregivers privi di reddito o totalmente o parzialmente incapienti, per fruire del bonus come contributo in soldi erogato dall’Istituto di previdenza sociale.

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