Perdite idriche: l’amministratore di condominio è responsabile?

da laleggepertutti.it

All’apertura della casa per le vacanze sei stato accolto da una brutta sorpresa: gran parte del soffitto è rovinata a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento del piano di sopra, anche questo di proprietà di un villeggiante. Ricostruire come sono andati i fatti non è difficile: essendo i due immobili disabitati in gran parte dell’anno, nessuno si è accorto delle perdite. Nessuno tranne l’amministratore il quale, a quanto sembra, era consapevole del rischio di allagamenti per essergli stato fatto presente dal condomino in questione. Anzi, quest’ultimo gli aveva anche chiesto di cercare una ditta per i lavori. Tutto ciò non è stato fatto e, nel frattempo, i danni sono divenuti consistenti. Pertanto ti chiedi se l’amministratore di condominio è responsabile per le perdite idriche. La risposta è contenuta in una recente sentenza del tribunale di Como.

Il problema dell’allagamento tra due appartamenti – quello del piano di sopra e quello del piano di sotto – è stato affrontato più volte dalla giurisprudenza, un po’ per definire la linea di confine tra la responsabilità dei condomini e quella del condominio, un po’ per chiarire chi deve partecipare alle spese di ripristino dei locali. Non sono infatti rare le controversie che sorgono proprio dalla difficoltà nel quantificare le spese per la pitturazione e il ripristino dei locali ammalorati dall’umidità e dall’acqua. In generale però la regola è sempre quella che “chi rompe paga”; e quindi, anche nel caso di infiltrazioni, bisogna verificare di chi è la tubatura o il rubinetto danneggiato che ha procurato le infiltrazioni.

Chi è responsabile per le infiltrazioni di acqua?

Nessun dubbio sul fatto che, in caso di perdite idriche, sia innanzitutto responsabile il condomino proprietario dell’impianto interessato dal guasto. A tal fine bisogna incaricare un tecnico che verifichi l’esatto punto ove si è verificata la rottura. Alcune di queste, infatti, sono di proprietà del condominio e, in tal caso, a concorrere alla spesa saranno tutti i condomini dello stabile; altre invece sono di proprietà dei singoli condomini ed allora compete a questi ultimi soltanto accollarsi gli oneri del ripristino.

In particolare, le cosiddette tubature verticali, quelle che portano l’acqua nei singoli appartamenti, sono di titolarità del condominio. È quindi quest’ultimo tenuto a risarcire i danni procurati agli immobili: danni consistenti, oltre ovviamente al ripristino dei locali e della pittura, e all’eliminazione della perdita. Sarà l’amministratore a incaricare una ditta idraulica e di imbianchini, ripartendo poi l’uscita tra tutti secondo millesimi. A partecipare sarà anche il condomino danneggiato, in quanto facente parte dell’edificio.

Discorso diverso riguarda le tubature orizzontali, quelle cioè che si innestano nelle tubature verticali per ogni piano del palazzo e portano l’acqua nei singoli appartamenti. Queste sono di proprietà dei condomini. Ed è proprio in questo caso che sorgono i principali problemi. Una volta individuata infatti l’origine della perdita, il proprietario dell’immobile deve immediatamente chiamare una ditta che provveda ad aprire il pavimento e a riparare il guasto. Lo deve fare senza potersi rivalere sul vicino del piano di sotto il quale è invece “danneggiato” e quindi ha diritto anche al rifacimento dell’intonaco rovinato dalle infiltrazioni di acqua.

L’amministratore è responsabile per le perdite di acqua?

Vediamo ora quali possono essere i profili di responsabilità dell’amministratore che, consapevole del rischio di allagamento, non si sia attivato per escluderlo, ridurlo o semplicemente non abbia avvisato i proprietari degli appartamenti.

Il codice civile stabilisce che l’amministratore ha l’incarico di tutelare le parti comuni dell’edificio e far rispettare il regolamento. Si evince quindi che nessuna competenza ha in merito alle diatribe tra vicini di casa relative alle proprietà individuali, le quali vanno sbrogliate dai diretti interessati. Ecco perché, ad avviso del giudice comasco, «nessuna responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale, può attribuirsi all’amministratore del condominio» che, conseguentemente, va assolto dalle pretese di risarcimento.

Significativa l’ulteriore precisazione: «va poi escluso che l’amministratore abbia l’obbligo di vigilare sulle proprietà esclusive e nemmeno è richiesta la presenza costante nel condominio». Se uno dei condomini gli comunica di aver intenzione di sostituire un rubinetto perché perde, l’amministratore non deve verificare che il soggetto ottemperi o meno all’impegno assunto per evitare spargimenti d’acqua alle altre proprietà.

La sentenza conferma che il limite fondamentale che l’amministratore incontra nella propria competenza e nelle proprie responsabilità, anche in tema di atti conservativi e lavori urgenti, è quello che le parti e i servizi siano comuni, salvo gli sia conferito un ulteriore mandatoespresso dai singoli condomini.

Come ha precisato la Cassazione, il codice civile e le leggi speciali imputano all’amministratore condominiale “doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo d’essere dei beni condominiali provochi danno di terzi”. E, tuttavia, è proprio “in relazione a tali beni”, e non anche a beni e impianti privati, che “l’amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo d’essere, si trova nella posizione di custode”

Come pagare l’affitto della casa, quello che serve sapere

da idealista.it

Quando si stipula un contratto di affitto è importante sapere esattamente in che modo è possibile pagare l’importo dovuto ogni mese. Ecco quali sono le modalità consentite.

L’affitto può essere saldato in contanti (nel rispetto del limite dei 2.999,00 euro), con bonifico bancario online o a sportello, con assegno o vaglia postale.

Nel caso si paghi l’affitto di casa in contanti è importante rispettare il limite previsto dalla normativa attuale (articolo 49 del D. Lgs. 231/2007), secondo la quale i pagamenti in contanti non possono superare il limite massimo di 2.999,00 euro, e su richiesta dell’inquilino c’è l’obbligo di quietanza (articolo 1199 del codice civile) con marca da bollo da 2 euro.

Nel caso, invece, si paghi l’affitto di casa con il bonifico bancario (online o a sportello) bisogna prestare attenzione alla causale: ove rechi una causale specifica, il bonifico consentirà all’inquilino di utilizzare la relativa contabile di pagamento alla stregua della quietanza normalmente rilasciata dal proprietario.

Tettoia realizzata senza permesso, il condominio può farla abbattere?

da repubblica.it

Senza nessuna informativa per l’amministratore e quindi per il condominio, senza alcuna autorizzazione da parte del Comune, è stata realizzata una tettoia in legno con copertura in massetto e tegole che appoggia su muri condominiali ma con il tetto che tocca il solaio del balcone aggettante del proprietario del piano superiore. Non dovrebbe esserci una distanza per legge dal balcone anche ai fini della sicurezza visto che con un salto si arriva sulla tettoia e quindi nel balcone del piano superiore? Ci potete fornire qualche chiarimento e se esistono normative in materia o cosa fare, se non lecito per farla abbattere?

La realizzazione di una tettoia a copertura di un terrazzo o di un altro bene privato è perfettamente lecita, si tratta di un intervento che non richiede autorizzazione da parte del condominio e che il condominio non può in alcun modo contestare. Lo ha chiarito in una recente sentenza la Corte di Cassazione, che ha confermato il diritto alla privacy e la possibilità di costruire strutture a tutela dei propri beni anche nel caso in cui non siano rispettate le distanze per le costruzioni imposte dal codice civile, a patto che l’opera non crei un pericolo per l’edificio e non leda il decoro architettonico. Con la sentenza 12190/2017, la Corte, che ha affrontato un caso identico a quello da lei segnalato,  ha infatti sottolineato che la realizzazione di una tettoia non richiede il permesso del condominio, e il proprietario è tenuto soltanto a dare comunicazione dell’avvio dei lavori all’amministratore, senza però dover attendere il consenso di questi o dell’assemblea, dal momento che gli altri condomini non possono porre porre limiti o vincoli agli interventi sulla proprietà esclusiva. Anche per quel che riguarda le mura, com’è noto in base all’art. 1102 del codice il singolo condomino ha il diritto ad un uso più intenso del bene comune, anche se si tratta di appoggiare al muro propri manufatti. L’eventuale mancata autorizzazione comunale ai lavori, poi, è questione che riguarda sempre e solo il proprietario e non il condominio, dal momento che si tratta di proprietà privata. Quindi in linea di principio il condominio non può in alcun modo opporsi ad interventi di questo tipo. E’ ovviamente sempre possibile, però, per chi si ritiene danneggiato dall’opera realizzata rivolgersi ad un avvocato e avviare il tentativo di mediazione obbligatoria. Anche per quel che riguarda il decoro architettonico è necessaria la mediazione, dato che spetta al giudice stabilire se c’è stata o meno lesione del decoro, e per legge non è possibile rivolgersi al tribunale se prima non è stato effettuato il tentativo di mediazione obbligatorio in materia di cause condominiali.

Condominio: contabilizzatori e termovalvole

da laleggepertutti.it

Secondo la legge [1] è obbligatorio contabilizzare il calore nei condominii: da qui la necessità di installare sistemi di contabilizzatori e termovalvole. L’obbligo della termoregolazione – inizialmente previsto entro il 31 dicembre 2016 e poi prorogato al 30 giugno 2017 – discende da una direttiva europea in tema di efficienza energetica [2], che ha imposto all’Italia interventi di efficientamento energetico.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste.

In primo luogo è da dire che l’obbligo della termoregolazione riguarda in concreto gli edifici serviti da un’unica centrale termica per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria. Ovviamente l’adempimento dell’obbligo in questione passa per interventi tecnici consistenti sugli impianti di riscaldamento. Infatti, l’adeguamento dell’impianto termico condominiale comporta per ciascun condominio delle spese non indifferenti. Allo stesso tempo, però, lo stesso produrrà un cambiamento fondamentale nella gestione del riscaldamento, sia in termini di spesa che di sprechi. Infatti, con la contabilizzazione del calore ogni condomino dovrà pagare solo quanto effettivamente consuma e quindi la bolletta verrà calcolata in base all’effettivo riscaldamento fornito all’abitazione.

L’adeguamento alla normativa si ottiene sostanzialmente attraverso tre attività:

  • contabilizzazione: ovvero l’installazione dei ripartitori sui radiatori. I ripartitori sono strumenti di lettura che consentono di monitorare il calore emesso;
  • termoregolazione: vale a dire l’installazione delle valvole termostatiche sui radiatori che consentono di regolare in ogni stanza la temperatura;
  • nuove tabelle millesimali: tutti gli edifici con riscaldamento centralizzato devono adeguare le tabelle millesimali del riscaldamento alla nuova norma Uni 10200.

In particolare per quanto concerne il nuovo sistema di ripartizione delle spese, la nuova tabella millesimale prevede la suddivisione dei consumi non più sulla base dei millesimi di proprietà ma attraverso la distinzione in consumi volontari e consumi involontari. Nella prima categoria rientra la spesa per il riscaldamento così come rilevato appunto dai contabilizzatori installati sui radiatori di ciascuna unità immobiliare. Nella categoria dei consumi involontari rientrano, invece, le altre spese, come ad esempio i consumi derivanti da dispersioni di calore che avvengono dalle tubature prima di arrivare negli appartamenti. O ancora rientrano nella categoria delle spese involontarie le spese di manutenzione ordinaria dell’impianto e quelle per la gestione del servizio. Secondo la nuova tabella millesimale [3], in coerenza con le previsioni del codice civile [4], al pagamento delle spese involontarie partecipano anche gli eventuali condomini che si siano distaccati dall’impianto centralizzato.

Dell’adeguamento degli impianti ciascun condominio deve darne notizia alla Regione (o alla Provincia autonoma) in cui è ubicato. Ciascuna Regione, dunque, attraverso un’interrogazione ai propri registri può verificare l’adeguamento o meno di ogni edificio agli obblighi di legge. Per i condominii che non si sono adeguati per tempo all’obbligo in questione sono previste pesanti sanzioni amministrative che possono oscillare da 500,00 € a 2.500,00 € per ciascuna unità immobiliare [5]. Per completezza deve dirsi altresì che soggiacciono alla medesima sanzione quei condominii che, sebbene si siano provvisti di termoregolazione e contabilizzazione, non abbiano provveduto a ripartire le spese in conformità alla normativa sulle nuove tabelle millesimali [6].

Estate a rischio ladri in casa: come difendersi?

da bitontoviva.it 

Partenze per le vacanze, case lasciate vuote per settimane, interi quartieri che si spopolano a ridosso dei mesi estivi: in questo periodo cresce il rischio di subire furti in abitazione e, sul fronte della prevenzione, qualcosa certamente si può fare.

Si parte sempre dal buon senso (scrivere sui social dalle vacanze indicando destinazione e periodo di soggiorno equivale, più o meno, a lasciare le chiavi di casa ai ladri, ndr), ma è bene conoscere alcune pratiche che, se suggerite come in questo caso da chi conosce fenomeni e tipologie di criminali, diventano uno strumento di prevenzione molto prezioso.

Evitare di far sapere se si sta partendo, controllare il funzionamento del sistema dall’allarme, lasciare accesa una luce o la radio per mostrare che la casa è abitata, chiedere ad un amico di controllare periodicamente l’abitazione e di prelevare con frequenza la corrispondenza che potrebbe accumularsi nella casella condominiale: questi alcuni dei suggerimenti dell’Arma dei Carabinieri per proteggere al meglio la propria abitazione durante le vacanze estive.

Sono due le categorie di ladri che colpiscono nel periodo estivo: le bande specializzate, che vanno a colpo sicuro puntando le case di proprietà di famiglie facoltose, più complicate da violare, ma che garantiscono un bottino importante, e coloro che invece approfittano di qualsiasi situazione e prendono di mira appartamenti senza una reale strategia.

NUOVI SISTEMI DI ALLARME
Le aziende del settore offrono soluzioni alla portata di tutti: con le nuove tecnologie esistono infatti sistemi sofisticati adatti sia al pensionato sia al cliente più facoltoso, anche tenendo conto che la spesa può quasi sempre essere rateizzata. Per fare qualche esempio, esistono sistemi di allarme interamente senza fili, utilizzando la tecnica wifi e Gsm con pannello di controllo parla/ascolta, due sensori di movimento con registrazione immagini, shock sensor per porte e finestre (vale a dire sensori in grado di rilevare le vibrazioni prodotte da un tentativo di attacco), sirena ad alta potenza, lettore chiavi intelligenti, controlli degli accessi e pulsante Sos collegata ad una centrale di sorveglianza privata.

SMARTPHONE, TABLET E “SOCIAL”…
Porte blindate, grate in acciaio, serrature evolute sono, quindi, fondamentali per proteggersi, ma dotarsi di un antifurto elettronico collegato con le forze dell’ordine o con istituti di vigilanza privati, con telecamere monitorabili e in tempo reale sul proprio smartphone o tablet sicuramente rappresenta una preziosa integrazione delle difese fisiche. È bene infatti rammentare che le difese fisiche sono in grado di rallentare l’attacco del malvivente, mentre le difese elettroni che segnalano a chi di dovere che l’attacco è stato iniziato o in corso. Ma non andrebbe dimenticata una reciproca collaborazione fra vicini in modo da tenere d’occhio le abitazioni soprattutto in assenza del proprietario.

FATE ATTENZIONE A…
Tra i suggerimenti delle forze dell’ordine ce ne sono alcuni molto semplici: mettere solo il cognome sia sul citofono sia sulla cassetta della posta per evitare di indicare il numero effettivo di inquilini (il nome identifica l’individuo, il cognome la famiglia), non attaccare al portachiavi targhette con nome ed indirizzo che possano, in caso di smarrimento, far individuare immediatamente l’appartamento, da conservare nella stessa borsetto contenitore le chiavi e i documenti di identità, onde rendere più difficoltoso per il malvivente abbinare mazzo di chiavi all’abitazione, non mettere al corrente troppa gente dei propri spostamenti (soprattutto in caso di assenze prolungate).

È poi opportuno avere installata una porta blindata con spioncino e serratura di sicurezza e, per una maggiore sicurezza, sarebbe bene poter contare su videocitofoni e telecamere a circuito chiuso. Infine, in caso di scippo o borseggio, con la probabilità che il malvivente possa individuare l’appartamento cui si riferisce il mazzo di chiavi, è bene telefonare immediatamente ad un vicino di casa, mettendolo in guardia su possibili accessi abusivi. Naturalmente il vicino deve sorvegliare con discrezione l’appartamento e telefonare alle forze dell’ordine se del caso, evitando in ogni modo di fronteggiare il malvivente. Questa iniziativa deve essere attuata immediatamente, ancora prima di presentare denuncia le forze dell’ordine, perché l’esperienza mostra che un malvivente può essere in grado di presentarsi presso l’abitazione del soggetto borseggiato in tempi brevissimi.

Consigli per prevenire furti nelle abitazioni

  • Chiudere il portone d’accesso al palazzo.
  • Non aprire il portone se non sapete chi ha suonato.
  • Installare dispositivi antifurto, collegati possibilmente con numeri di emergenza.
  • Conservare documenti personali nella cassaforte o in un luogo sicuro.
  • Installare una porta blindata con spioncino e serratura di sicurezza, la cui chiave deve essere a prova di duplicazione abusiva.
  • Installare videocitofoni e/o telecamere a circuito chiuso.
  • Attivare sempre l’allarme.
  • Illuminare l’ingresso e le zone buie.
  • Non informare tutte le persone di vostra conoscenza dei vostri spostamenti.
  • Lasciare accesa una luce o la radio.
  • Sulla segreteria telefonica, registrate il messaggio sempre al plurale.
  • Se vi accorgete che la serratura è stata manomessa o che la porta è socchiusa, non entrate in casa, portatevi in una posizione di sicurezza, e chiamate immediatamente il 112.

Fai poche lavatrici? Rischi di pagare più tasse

da it.finance.yahoo.com

Risparmiare troppa energia elettrica potrebbe voler dire pagare più tasse. Tagliare troppo il bilancio familiare può costare caro. Esattamente l’equivalente dell’agevolazione fiscaleottenuta dal mancato pagamento dell’Imu/Ici e della Tasi per la prima casa.

Il paradosso

Una sentenza della Corte di Cassazione, la 14793 del 7 giugno 2018, stabilisce che se i consumi elettrici sono bassi, il Comune può cancellare le agevolazioni fiscali per l’abitazione principale.

Agevolazioni, addio

Si parla di Ici perché l’oggetto del contendere riguarda quello che resta della vecchia tassa comunale sugli immobili ma il ragionamento si può estendere anche all’Imu e la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili. Nel caso in oggetto, un contribuente aveva contestato quanto stabilito dalla Commissione tributaria regionale che aveva dato ragione a un Comune convinto della malafede di un residente. La prova era la bolletta elettrica: troppo bassa per essere quella dell’abitazione principale.

Spostare la residenza

Insomma sembra che non sia più sufficiente dichiarare un immobile adibito a propria abitazione principale e spostare lì la residenza per godere delle agevolazioni fiscali della “prima casa”, ma è necessario viverci effettivamente. Per i giudici le dichiarazioni del proprietario hanno solo un “valore presuntivo” e possono essere superate da “prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito”.

Consumi minimi

Difficile pensare quale sia il consumo minimo di energia elettrica per poter considerare la casa effettivamente abitata. Lo stabilirà il tribunale in caso di contenziosi giudiziari tra un Comune e i suoi residenti. Per evitare di pagare ulteriori tasse, forse conviene tirare fuori qualche soldo in più in bolletta, lasciando acceso il climatizzatore o facendo qualche lavatrice in più.

Condominio, il furto in cortile è come quello in casa

da ilsole24ore.com

Rubare una bicicletta in un cortile condominiale equivale a rubare in casa. Questo, in sintesi, il principio applicato di recente dalla Cassazione al furto di una bicicletta effettuato da un soggetto che si era intrufolato in un cortile privato dove era custodita e appartenente a una condomina (sentenza 27143/2018). Il furto, tuttavia, non era riuscito perché il ladro era stato osservato dal portiere, che lo aveva fatto bloccare all’esterno del complesso.

La Corte d’appello aveva confermato la sentenza del tribunale che aveva condannato l’intruso per il reato «di furto in abitazione e furto con strappo» (articolo 624 bis del Codice penale: reclusione da uno a tre a sei anni e multa da 927 a 1.500 euro) mentre il condannato – ricorrente contestava tale qualificazione del fatto sostenendo che il tentativo di uscire immediatamente dal cortile doveva essere valutato in modo da inquadrate il comportamento nel reato di «furto non consumato in abitazione o nelle sue appartenenze» (articolo 624 del Codice penale: reclusione da sei mesi a tre anni e multa da 154 a 516 euro) o nel reato di «furto d’uso» (articolo 626: reclusione fino a un anno o multa fino a 206 euro).

Per la Cassazione l’analisi dei fatti effettuata dalla corte di merito aveva ben illustrato come si fosse concretizzato il tentativo di furto, senza che fosse possibile diversamente qualificarlo né come «furto d’uso» (non era credibile che il condannato avesse voluto fare un uso momentaneo della bicicletta solo per percorrere alcuni metri interni al cortile) né come «furto non consumato in abitazione» perché, per orientamento costante della giurisprudenza «il cortile interno di una abitazione viene individuato come una pertinenza della medesima così da doversi configurare in caso di sottrazione di beni da tale spazio, il delitto previsto dall’articolo 624-bis codice penale».

Tasse sulla casa: dopo quanti anni non si pagano più?

da laleggepertutti.it

Può succedere – e succede – di dimenticare una scadenza fiscale e di non versare le imposte per tempo. Il che è del tutto lecito atteso che gli appuntamenti con le tasse sono disseminati nell’arco dell’anno. Proprio per rinfrescare la memoria agli smemorati, vengono spedite le cartelle di pagamento prima dell’avvio del pignoramento vero e proprio. Dal giorno della notifica, il debitore ha 60 giorni di tempo per regolarizzarsi. Capita anche che, all’invio delle cartelle, non sempre seguono i fatti. Così, quando l’agente della riscossione resta inerme per molto tempo, il suo diritto alla riscossione cade in prescrizione. Tradotto in parole povere: non bisogna pagare più nulla. I termini della prescrizione sono essenzialmente due: 10 anni per le imposte dovute allo Stato e 5 per quelle locali (3 anni per il bollo auto, 5 per le contravvenzioni stradali e per i contributi previdenziali). Una recente sentenza della Cassazione [1] spiega dopo quanti anni non si pagano più le tasse sulla casa. La sentenza è particolarmente interessante perché ricorda come funziona il meccanismo dei solleciti di pagamento quando ci si dimentica di pagare l’Imu, la Tasi e la Tari (l’imposta sui rifiuti). Ma procediamo con ordine.

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Imu E Tasi 2018: Novità Scadenze E Pagamenti, Sono Previsti Aumenti?

da notizieora.it

Imu e Tasi 2018, la prossimala scadenza fissata per il 16 giugno slitta al 18 giugno. L’ultimo giorno per i contribuenti di versare le imposte che ruotano intorno alla casa. Una breve panoramica di cosa rappresentano realmente queste imposte e le rispettive scadenze da calendario.

Cosa rappresenta l’Imu 2018 per il contribuente: chi la paga?

L’Imu non è altro che una tassa municipale il cui pagamento spetta in relazione all’immobile di proprietà del contribuente. Si tratta, di un’imposta che si applica su diversi immobili, quali:

  • seconda casa;
  • immobili commerciali;
  • terreni e negozi.

Quali proprietà sono escluse dal pagamento Imu? Le abitazioni principali e le corrispettive pertinenze.  Il pagamento della prima casa avviene in ragione dell’accatastamento rientrante in A/1, A/8 e A/9, si tratta di categorie a cui va applicata un’aliquota ridotta, con una detrazione di circa duecento euro.

Cosa rappresenta la Tasi per il contribuente: perché è tenuta a pagarla?

La Tasi è un’imposta rivolta all’intera comunità il cui pagamento serve a sostenere i costi relativi ai servizi comunali, come possono essere i costi per l’illuminazione delle strade comunali, la cura nonché prosperità del verde, la pulizia delle strade cittadine ecc. Considerato che si tratta d’imposta rivolta alla comunità, viene pagata da tutti i cittadini.

Quali categoria di immobili locati devo pagare l’imposta Imu e Tasi?

Sono imposte che investono tutti gli immobili indipendentemente se locati oppure no. Tuttavia la legge, prevede delle riduzioni o semplificazioni relative all’importo dell’imposta. Infatti, qualora l’immobile viene concesso in comodato d’uso a soggetti che rientrino nella sfera familiare come i parenti di primo grado, entrambe le imposte subiscono uno sconto pari al 50% sull’imponibile da versare.

Nel caso in cui, l’immobile viene concesso in affitto con canone concordato le imposte subiscono uno  sconto  pari al 25% .

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Come ripartire il compenso dell’amministratore condominiale

da fiscoetasse.com

Secondo quale criterio si suddividono tra i condòmini le spese relative al compenso dell’amministratore?

Molti sono gli elementi da tenere in considerazione per poter dare una risposta:

  • in base alla proprietà
  • in base all’uso

tenendo conto che l’attività dell’amministratore è svolta nell’interesse comune.

Poi bisogna considerare l’immobile dato in locazione o quello detenuto in qualità di usufrutturario, ricordando che dopo la riforma la responsabilità tra usufruttuario e nudo proprietario è in solido.

Ma vediamo nel dettaglio:

Criteri legali di riparto delle spese in condominio

Ricordiamo che i criteri previsti dalla legge con riferimento al riparto delle spese condominiali sono quello “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione“, e quello in “proporzione dell’uso che ciascuno può farne“; il primo si applica alle “spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza”, mentre il secondo  per le “cose destinate a servire i condomini in misura diversa”; inoltre, nel caso di condominio parziale, cioè “qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità” (v. art. 1123 c.c.).

L’attività dell’amministratore è un servizio esercitato nell’interesse comune

L’attività dell’amministratore costituisce senz’altro un servizio svolto nell’interesse comune.
In qualità di mandatario, egli gestisce il condominio nell’interesse di tutti: come si evince dai compiti conferitigli dalla legge (v. in particolare artt. 1129 e 1130 c.c) l’attività dell’amministratore di condominio è in ultima analisi sostanzialmente deputata alla gestione e tutela delle parti comuni.
Inoltre, nello svolgimento delle proprie competenze, l’amministratore agisce in nome e per conto di tutti.
Dunque, non v’è alcun dubbio che la sua opera riguardi l’interesse comune.
Pertanto, il riparto della spesa dovrà essere effettuato in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (ex art. 1123 co.1, c.c.), salvo una diversa convenzione, la quale deve essere assunta dai condòmini all’unanimità.

Riparto del compenso dell’amministratore e locazione

L’art. 9 L. 392/1978 (Legge intitolata “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”) non include il compenso dell’amministratore tra gli oneri che spetta al conduttore pagare.
Nel caso in cui l’unità immobiliare sia locata, dunque, nel silenzio della legge, secondo la giurisprudenza il pagamento spetta al locatore.

Riparto compenso amministratore e usufrutto

Nel caso sull’immobile sia stato costituito diritto di usufrutto, il riparto sarà quello indicato dagli artt. 1004 e 1005 c.c.: il compenso sarà dunque dovuto dall’usufruttuario per quanto concerne la gestione e la manutenzione ordinaria e non per la manutenzione straordinaria. Salvo, però, a parere di chi scrive, egli non abbia votato per l’esecuzione di alcuni interventi di carattere straordinario, come ammesso, a seguito dalla riforma dall’art. 67, co. 7, Disp. att. e trans. c.c. In tal caso, sempre secondo chi scrive, salvo il rimborso previsto dalle norme richiamate dall’art. 67, co. 7 (artt. 1006, 985 e 986 c.c.), le spese dovranno essere poste in capo all’usufruttuario.
Per quanto complicato, in realtà si tratta di un falso problema, giacchè dopo la riforma usufruttuario e nudo proprietario sono oggi responsabili in solido verso il condominio.
Infine, ricordiamo che nel caso di condominio parziale troverà applicazione anche  per il compenso dell’amministratore l’art. 1123, co.3: dunque, nel caso di attività svolta nel solo interesse del condominio parziale (ad es. attività straordinaria per manutenzione straordinaria), le spese andranno ripartite solo tra i condomini interessati.”