Multa fino a 674 euro per chi occupa il parcheggio con una sedia

da studiocataldi.it

Quante volte c’è capitato di vedere posto auto “occupati” con sedie o comunque con materiale ingombrante tale da impedire agli automobilisti di parcheggiare? Una prassi consolidata che però, come avevamo già anticipato qualche mese fa (vedi Occupare il parcheggio con una sedia è illecito) è tutt’altro che lecita.

Si tratta di un tipo di comportamento che comporta conseguenze sul piano amministrativo e sul piano penale.

Violazione dell’articolo 20 del Codice della strada

Dal punto di vista amministrativo, il materiale che occupa un parcheggio auto costituisce violazione dell’articolo 20 del Codice della strada che stabilisce come sia «vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili».

E’ consentita invece l’occupazione della carreggiata a patto che «che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione». Dunque «chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione (il codice della strada prende comunque l’esempio di una concessione data che non è di certo l’occupazione della strada con una sedia, ndr) non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674».

Le conseguenze previste dall’art. 633 del codice penale

Dal punto di vista penale, occupare la sede stradale potrebbe essere una condotta rientrante nell’area penalmente rilevante e, nello specifico, nell’art. 633 del codice penale che punisce, a querela della persona offesa, «chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto», con la reclusione fino a due anni o la multa da 103 a 1032 euro.

Perché vi sia questa grave sanzione però è necessario che si faccia di più che posizionare una sedia sul manto stradale ed occupare un parcheggio. L’elemento del reato richiesto dall’articolo 633 c.p. per l’autore della condotta è l’intenzione di realizzare un’occupazione che sia stabile. Ipotesi difficilmente riscontrata se non nei casi in cui ad occupare il parcheggio siano piazzati supporti fissi.

Condominio, il furto in cortile è come quello in casa

da ilsole24ore.com

Rubare una bicicletta in un cortile condominiale equivale a rubare in casa. Questo, in sintesi, il principio applicato di recente dalla Cassazione al furto di una bicicletta effettuato da un soggetto che si era intrufolato in un cortile privato dove era custodita e appartenente a una condomina (sentenza 27143/2018). Il furto, tuttavia, non era riuscito perché il ladro era stato osservato dal portiere, che lo aveva fatto bloccare all’esterno del complesso.

La Corte d’appello aveva confermato la sentenza del tribunale che aveva condannato l’intruso per il reato «di furto in abitazione e furto con strappo» (articolo 624 bis del Codice penale: reclusione da uno a tre a sei anni e multa da 927 a 1.500 euro) mentre il condannato – ricorrente contestava tale qualificazione del fatto sostenendo che il tentativo di uscire immediatamente dal cortile doveva essere valutato in modo da inquadrate il comportamento nel reato di «furto non consumato in abitazione o nelle sue appartenenze» (articolo 624 del Codice penale: reclusione da sei mesi a tre anni e multa da 154 a 516 euro) o nel reato di «furto d’uso» (articolo 626: reclusione fino a un anno o multa fino a 206 euro).

Per la Cassazione l’analisi dei fatti effettuata dalla corte di merito aveva ben illustrato come si fosse concretizzato il tentativo di furto, senza che fosse possibile diversamente qualificarlo né come «furto d’uso» (non era credibile che il condannato avesse voluto fare un uso momentaneo della bicicletta solo per percorrere alcuni metri interni al cortile) né come «furto non consumato in abitazione» perché, per orientamento costante della giurisprudenza «il cortile interno di una abitazione viene individuato come una pertinenza della medesima così da doversi configurare in caso di sottrazione di beni da tale spazio, il delitto previsto dall’articolo 624-bis codice penale».

Divorzio, la legge sull’assegno: carcere per chi non paga

da ilgiornale.it

Da domani infatti entra in vigore l’articolo 570 bis del codice penale che prevede il carcere fino a un anno o una multa fino a 1.032 euro per l’ex coniuge che si sottrae “agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge”.

Si amplia la tutela legale che il codice penale offre in ambito familiare, sia da un punto di vista soggettivo (tutela estesa dai soli discendenti anche agli ex coniugi) che oggettivo (il reato verrà commesso non solo da chi faccia mancare i mezzi di sussistenza, ma anche da chi ometta di versare l’assegno di mantenimento)“, spiega all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Mauro, specializzato in diritto di famiglia. “L’art. 570 limitava la pena al genitore che faceva mancare i mezzi di sussistenza ai propri discendenti, generalmente ai propri figli. Ora quelle pene si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli

Fino ad oggi il reato, punibile penalmente, si generava solo nel caso in cui il coniuge facesse mancare al figlio cibo, vestiti o una casa dove avitare. Ma non a chi, spiega Mauro, “a fronte di un assegno di mantenimento di 1000 euro, decideva arbitrariamente di versarne 500“.

Il carcere è solo una minaccia? Secondo l’avvocato Marco Meliti “la legge serve da ammonimento”, ma dopo “più sentenze il carcere è davvero un rischio”.