Permessi Legge 104: nuove precisazioni INPS

da fiscoetasse.com

Nel Messaggio n. 3114 del 07 agosto 2018 l’INPS fornisce nuove indicazioni sulla fruizione dei permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/92 e del congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001. In particolare si specificano alcuni casi di particolari  modalità organizzative dell’orario di lavoro: lavoro per turni, part time.

Ricordiamo  che la  legge prevede , in generale, la possibilità di fruire di permessi e congedi connessi al riconoscimento dello stato di  disabilità  proprio o di un proprio  familiare da assistere , previa  domanda di accertamento dei requisiti sanitari  specifici all’INPS.

Nel dettaglio i benefici si possono identificare con le seguenti tipologie
a) Congedo figli disabili
b) Permessi retribuiti
c) Congedo straordinario

I permessi retribuiti consistono in 3 giorni al mese di permesso oppure  2 ore di permesso  giornaliero (con  orario di lavoro pari o superiore a 6 ore) ovvero 1 ora di permesso se inferiore a 6 ore,  per tutti i giorni del mese .

Hanno diritto   i lavoratori disabili   e i seguenti soggetti che assistono disabili:

  •  genitori lavoratori dipendenti;
  •  coniuge lavoratore dipendente;
  •  parenti o affini entro il 2° grado ( figli ) ma  il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado se  genitori o il coniuge hanno piu di  sessantacinque anni di età  oppure  siano deceduti o affetti da patologie invalidanti).

Non hanno invece diritto ai permessi in oggetto i seguenti soggetti:
1) lavoratori a domicilio;addetti ai servizi domestici e familiari;
2) agricoli a tempo determinato occupati a giornata, né per se stessi né in qualità di genitori o
familiari ;
3) autonomi e parasubordinati.

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Conti correnti online: le novità per i condomini

da adnkronos.com

Tutti i condomini per legge devono avere un conto corrente nel quale far transitare tutte le spese e le operazioni, legate al mantenimento dello stabile o delle palazzine del comprensorio.

Soprattutto negli ultimi anni le norme riguardanti i condomini sono diventate molto più stringenti, per limitare le situazioni spiacevoli in cui a volte amministratori poco onesti o condomini esperti movimentavano i fondi del condominio con poca trasparenza.

Pensate a quante famiglie vivono all’interno di un condominio di medie dimensioni ed al tipo di spese alle quali questo va incontro ogni mese. Ovviamente non si tratta di pochi soldi ed è necessario scegliere il miglior conto corrente con tutte le funzioni necessarie a questo tipo di operazioni.

I migliori conto corrente per condomini

Come abbiamo appena visto su un conto corrente per condomini passano ogni anno migliaia di euro, destinati alle spese legate alla manutenzione ordinaria e straordinaria, alle emergenze ed alle opere di sicurezza ed ammodernamento.

Si va dal pagamento delle utenze di luce, riscaldamento, gas e acqua, alla pulizia degli stabili, alla quota per l’amministratore ed eventualmente allo stipendio del portiere, dalla manutenzione della caldaia e dell’ascensore fino al rifacimento della facciata o del tetto.

Si tratta perciò di conti corrente che devono avere un’alta operatività ed una certa elasticità con un minimo di scoperto, prevedendo la possibilità che qualche famiglia rimanga indietro con una o più rate o che sia necessario effettuare un pagamento con urgenza, quando ancora tutti i condomini non hanno versato la propria quota.

La maggior parte delle banche in Italia offrono conti corrente specifici per i condomini, con caratteristiche leggermente diverse dai tradizionali conti corrente individuali, oggi disponibili con tutte le funzioni dell’home ed mobile banking per gestire digitalmente tutti i pagamenti.

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Come comprare una casa donata: i controlli da effettuare per non correre rischi

da idealista.it

Già in occasione della stipula del preliminare di acquisto di un immobile è importante verificare che il venditore abbia acquisito il bene mediante donazione, o che nella catena dei trasferimenti precedenti, ci sia una donazione. A seconda dei casi, infatti, l’acquirente potrà adottare differenti rimedi giuridici per difendersi da un’azione rivendicativa da parte di terzi.

Acquistare un immobile donato, infatti, potrebbe far incorrere in un’eventuale azione da parte degli altri legittimari volta alla restituzione del bene. Se l’immobile è stato effettivamente donato bisogna distinguere differenti casi

  • Il donante sia ancora vivente –  in questo caso l’azione di restituzione (ossia la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistato l’immobile dal donatario) potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:
  • 1 che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari;
  • 2 che il venditore (che aveva ricevuto il bene trasferito mediante donazione) non abbia nel proprio patrimonio beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi;
  • 3 che non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta (legge 80/2005).

Come comportarsi in questo caso? Putroppo non esistono rimedi giuridicamente convincenti perché le varie soluzioni suggerite dalla prassi (risoluzione della donazione per mutuo dissenso, fideiussione a carico del donante e/o dei legittimari a favore dell’acquirente a garanzia dei danni derivanti dall’azione di restituzione, rinuncia da parte dei legittimari all’azione stessa di restituzione, diversa dall’azione di riduzione irrinunciabile) hanno dal punto di vista giuridico validità incerta, perché vi sono dubbi sulla loro legittimità.

  •  il donante sia deceduto da meno di 10 anni: in questo caso l’azione di restituzione potrà essere esercitata entro i 10 anni dalla morte del donante al verificarsi di tutte le condizioni sopra riportate. In questo caso il rimedio giuridico consiste nella rinuncia espressa da parte di tutti i legittimari (a condizione di conoscere tutti i legittimari esistenti) all’azione diriduzione o quanto meno all’azione di restituzione verso terzi ex art. 563 c.c., rinuncia valida e possibile dopo la morte del donante
  • Il donante sia deceduto da più di 10 anni: in questo caso, secondo l’orientamento prevalente in tema di prescrizione, confermato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, il diritto ad agire in riduzione deve ritenersi prescritto per cui non vi è più alcun rischio per l’acquirente, perché le azioni di riduzione e restituzione non potranno più essere esercitate. Pertanto se entro 10 anni dalla morte del donante non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun timore.
  • Siano decorsi più di 20 anni dalla data della donazione: a prescindere dalla circostanza che il donante sia ancora vivente o sia già deceduto, se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non si è verificata opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non potrà più essere esercitata e pertanto non c’è più alcun rischio per l’acquirente. Tutto ciò vale senza alcuna ombra di dubbio per le donazioni poste in essere dopo il 15 maggio 2005. Per le donazioni realizzate prima di tale data, invece, non è scontato che valgano le stesse conclusioni e non ci sono certezze a causa della mancanza di una disciplina transitoria all’interno della legge 80/2005 che chiarisca in maniera inequivocabile il regime applicabile alle donazioni anteriori.

Primo sì alla legge “salva bebè”: ecco cosa prevede

da skytg24.it

Il dispositivo sarà individuato dal ministero dei Trasporti

Per evitare casi in cui i bimbi vengano dimenticati dentro l’abitacolo, la proposta prevede, in generale, un dispositivo obbligatorio dotato di un segnale luminoso e uno acustico che avviseranno i genitori della presenza del bambino in auto, anche quando si spegne la macchina. Stando al testo della proposta, le caratteristiche tecniche del dispositivo verranno poi individuate dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che dovrà emanare un decreto entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Negli ultimi dieci anni, i casi di questo genere in Italia sono stati otto. L’ultimo nel maggio 2018 a Pisa: una bambina di un anno è morta dopo essere stata lasciata chiusa in macchina in un parcheggio.

“Dal primo gennaio 2019”

Il testo della proposta, che consta di un solo articolo e due commi, recita: “A partire dal primo gennaio 2019, tutti i sistemi di ritenuta per bambini previsti dal comma 1 dell’articolo 172 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, devono essere dotati di un dispositivo acustico e luminoso atto a rilevare la presenza di un bambino nell’abitacolo”.

Incentivi per l’acquisto

Il ministro Toninelli, che già si era espresso negli scorsi mesi sull’argomento, ha assicurato l’impegno del governo nel fornire incentivi congrui per l’acquisto dei sensori “salva bebè”. In queste settimane e nei prossimi mesi il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti lavorerà in stretta collaborazione con il ministero dell’Economia per trovare le adeguate coperture finanziarie, probabilmente già in legge di Bilancio.

La prima firmataria: Giorgia Meloni

La proposta, presentata il 22 maggio, è stata firmata per prima da Giorgia Meloni. “Sono veramente contenta. È un grande onore per me dare il nome a una legge che salverà i bambini da un fenomeno, quello della distrazione genitoriale, che purtroppo colpisce tutte le società”, ha detto la leader di Fratelli d’Italia che, insieme ad alcuni deputati del suo partito, ha festeggiato in piazza Montecitorio il primo via libera alla legge.

Come pagare l’affitto della casa, quello che serve sapere

da idealista.it

Quando si stipula un contratto di affitto è importante sapere esattamente in che modo è possibile pagare l’importo dovuto ogni mese. Ecco quali sono le modalità consentite.

L’affitto può essere saldato in contanti (nel rispetto del limite dei 2.999,00 euro), con bonifico bancario online o a sportello, con assegno o vaglia postale.

Nel caso si paghi l’affitto di casa in contanti è importante rispettare il limite previsto dalla normativa attuale (articolo 49 del D. Lgs. 231/2007), secondo la quale i pagamenti in contanti non possono superare il limite massimo di 2.999,00 euro, e su richiesta dell’inquilino c’è l’obbligo di quietanza (articolo 1199 del codice civile) con marca da bollo da 2 euro.

Nel caso, invece, si paghi l’affitto di casa con il bonifico bancario (online o a sportello) bisogna prestare attenzione alla causale: ove rechi una causale specifica, il bonifico consentirà all’inquilino di utilizzare la relativa contabile di pagamento alla stregua della quietanza normalmente rilasciata dal proprietario.

Barriere architettoniche in condominio

da cosedicasa.com

Gli spazi comuni di un condominio devono essere accessibili a tutti, quindi anche le persone con disabilità fisiche devono potersi muovere liberamente, senza quegli ostacoli che ne limitano le attività. Oltre alla legge 13/1989, anche il Codice civile affronta la questione, incoraggiando gli interventi che eliminano ogni forma di impedimento. Se per gli edifici di nuova costruzione esistono prescrizioni tecniche che permettono di realizzare da subito accessi e spazi comuni comodi per tutti, per quelli esistenti è più complicato. E non solo perché si deve intervenire, spesso con modifiche invasive, per andare ad eliminare le barriere architettoniche. Nonostante i buoni propositi, infatti, non sempre in condominio è possibile realizzare le opere necessarie ad agevolare i disabili, perché entrano in gioco altre esigenze come, per esempio, quella di salvaguardare il decoro architettonico dell’immobile o di tutelare il diritto di proprietà del bene comune – anche di un solo condomino – diritto che potrebbe venire meno a seguito dell’intervento. In questi casi, l’opera di abbattimento delle barriere architettoniche è quindi da ritenersi illegittima. Come, del resto, sono da considerarsi nulle le delibere condominiali volte a eliminare le barriere architettoniche che “siano lesive dei diritti di un altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative”.

Le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati sono contenute nella legge n. 13/1989, modificata dalla legge n. 62/1989 e, negli articoli compresi tra il 77 e l’82, dal dpr n. 380/2001, conosciuto come “Testo Unico sull’edilizia”. La legge principale, fra le altre cose, prevede una serie di norme relative a finanziamenti agevolati, oltre a disposizioni di regime ordinario per le nuove costruzioni e di regime transitorio, di carattere urbanistico e condominiale, per gli edifici esistenti. Come affermato dal legislatore, non è indispensabile che negli edifici oggetto dell’intervento sia presente un disabile (proprietario o inquilino), in quanto l’accessibilità deve essere garantita anche ai soggetti terzi.

  • La solidarietà sociale non esclude la tutela della proprietà
  • Se l’assemblea non delibera o non approva, il disabile può procedere a proprie spese
  • Ci sono diverse agevolazioni statali per rendere più comodi gli accessi

La tutela dei diritti del disabile
A meno che l’opera necessaria per l’abbattimento delle barriere architettoniche incida drasticamente sull’estetica dello stabile condominiale, l’attuale orientamento giurisprudenziale tende a favorire i diritti dei portatori di handicap, permettendo l’installazione di un montascale o di una rampa per il transito delle sedie a rotelle. Anche nei casi in cui di tratti di un palazzo di valore storico e architettonico.

 

Maggioranze, quorum e ripartizione spese

A norma dell’articolo 1120 del Codice civile, gli interventi per eliminare le barriere architettoniche, così come “la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi” devono essere deliberati, in prima o seconda convocazione, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136 del Codice civile.
• Vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio, espresso in millesimi. Si tratta di un quorum agevolato rispetto a quello richiesto per deliberare le “classiche” innovazioni, che richiedono infatti una maggioranza più severa (2/3 del valore dell’edificio).
• L’articolo 1120, inoltre, impone all’amministratore di convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta avanzata anche da un solo condomino interessato all’intervento. La domanda deve contenere l’indicazione dettagliata dell’opera e le modalità di esecuzione. Qualora il documento risulti incompleto, è compito dell’amministratore invitare “senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni”.

A proprie spese se non c’è l’ok 

L’articolo 2 della legge 13/1989 prevede che “nel caso in cui il condominio rifiuti deliberare (…), o non deliberi entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, i portatori  di handicap, o chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage”. Questo si può fare anche quando l’assemblea non raggiunge il quorum.
• Nel caso in cui, invece, l’intervento sia stato deliberato dall’assemblea, per quanto concerne la ripartizione delle spese dell’intervento, il costo viene suddiviso tra tutti i condòmini, in proporzione ai millesimi di proprietà.

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Seggiolini auto, bene il disegno di legge su obbligo di allarme anti abbandono

da adocnazionale.it 

In arrivo un nuovo disegno di legge che mira a garantire l’incolumità dei bambini e dei ciclisti e a limitare le distrazioni tecnologiche per gli automobilisti. L’Adoc approva le modifiche al Codice della Strada proposte, in particolare sull’obbligo di dotare i seggiolini di un allarme anti abbandono.

“Apprezziamo il disegno di legge proposto dal senatore Nencini – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – tra le nostre 100 proposte inviate al Governo c’era proprio quella di introdurre norme più severe e maggiori controlli sul corretto utilizzo dei seggiolini in auto nonché operare una stretta sull’uso di tutti dispositivi elettronici durante la guida, una delle principali cause di incidenti. Pertanto la previsione di dotare obbligatoriamente i seggiolini di un dispositivo di allarme anti abbandono non può che incontrare il nostro più ampio favore. Vorremmo però che fosse fatto un ulteriore passo in avanti e che si prevedano detrazioni per l’acquisto di dispositivi di sicurezza dei bambini, in primis proprio dei seggiolini. Mediamente per un seggiolino si spendono circa 300 euro e considerando che spesso il bambino si trova a dover essere trasportato in più macchine, almeno due considerando quella di un nonno o dell’altro genitore, la spesa può crescere e superare anche i 600-700 euro. E’ sicuramente una spesa impegnativa, non a portata della maggioranza delle famiglie e che rappresenta uno dei maggiori ostacoli alla diffusione e all’utilizzo. Per questo crediamo che la spesa per l’acquisto di un seggiolino auto debba poter essere portata in detrazione, al fine di agevolarne la diffusione e l’acquisto, incrementando la sicurezza dei nostri figli.”

Il 20% delle famiglie non usa i seggiolini, ma servono detrazioni per l’acquisto

Secondo una stima dell’Adoc il 20% delle famiglie non usa il seggiolino auto per i propri figli, o non lo usa costantemente o non correttamente. Di questi, il 65% ammette di non usarlo in modo continuativo, il 27% lo utilizza in modo non corretto, l’8% non lo utilizza proprio. Nonostante i dati sull’incidentalità facciano rabbrividire e nonostante le oltre 157mila sanzioni elevate per l’inosservanza sui dispositivi di sicurezza e di ritenuta dei bambini nel 2015, con importo minimo di 81 euro e la decurtazione di 5 punti patente, c’è ancora una certa resistenza sia all’utilizzo tout court, sia all’uso in modo corretto, del seggiolino auto. L’Adoc ha raccolto un campionario di “scuse” o giustificazioni per il non utilizzo, dal “Sono solo pochi metri” al “In macchina piange, preferisco tenerlo in braccio”, dal “Basta legarlo con la cintura di sicurezza” al “Il seggiolino è solo sulla mia auto, con i nonni uso la cintura”. I seggiolini devono essere installati su tutte le principali auto in cui viaggia il bambino, e devono essere utilizzati in modo corretto, utilizzando il seggiolino giusto per l’età, il peso e l’altezza e posizionandolo in modo corretto.

>>>GUIDA SUL CORRETTO UTILIZZO DEI SEGGIOLINI<<<

I 10 CONSIGLI PER IL VIAGGIO IN AUTO CON I BAMBINI

  1. IL SEGGIOLINO E’ OBBLIGATORIO PER LEGGE: fino ai 36 kg di peso (o 150 cm di altezza) i bambini devono viaggiare in auto con un seggiolino o un adattatore omologato al loro peso e alla loro statura. Il mancato rispetto di questa regola porta a una multa (da 81 a 323 euro) e alla detrazione di 5 punti dalla patente.
  2. IL SEGGIOLINO NON E’ UGUALE PER TUTTI: esistono i seggiolini (adatti fino ai 18 kg di peso) e gli adattatori (dai 18 ai 36 kg), divisi in base al peso in 5 gruppi.
  3. METTERE IL BAMBINO SUL SEGGIOLINO: fino ai 9 kg di peso deve essere messo in un ovetto o nella navicella, sui sedili posteriori, esclusivamente in senso opposto a quello di marcia. Dai 9 ai 18 kg, i bambini possono essere messi nel seggiolino girati nel senso di marcia, assicurandosi che sia ben legato dalle cinture di sicurezza. Superati i 36 chili o il metro e mezzo d’altezza il bambino può viaggiare, sempre seduto nel sedile posteriore, solo con la cintura allacciata.
  4. SEMPRE PROTETTI: non tralasciare mai di legare il bambino, anche se per pochi metri o con la macchina ferma. Anche un piccolo urto può provocare un grave danno a un bambino piccolo non correttamente legato.
  5. ATTENZIONE AGLI AIRBAG: se la vostra macchina è dotata di airbag anteriore non mettete mai il seggiolino del neonato davanti, l’impatto sarebbe devastante sul corpo di un bambino.
  6. MAI DISTRARSI CON MINORI A BORDO: un incidente su sei è causato da disattenzioni soprattutto legate all’utilizzo del telefono. Mani sul volante e occhi alla strada, dunque, specie se si hanno minori a bordo: una sterzata all’ultimo momento o un tamponamento in città potrebbero avere conseguenze anche gravi su bambini piccoli.
  7. SE PIANGE, LASCIALO LEGATO: se il neonato piange e siete soli in macchina, accostate appena potete e verificate che non abbia bisogno di essere cambiato, nutrito o altro. I bimbi tra i 2 e i 4 anni, invece, si rilassano e si addormentano in macchina, ma non prestate troppa attenzione alle loro proteste se siete alla guida da soli. Mai lasciare le mani sul volante o voltarsi se i bambini chiedono qualcosa, piuttosto sfruttare invece lo specchietto retrovisore per guardarli.
  8. MUSICA E GIOCHI PER CALMARLI: è bene avere in macchina un cd con le canzoncine preferite dei bambini. Se dovete affrontare un viaggio lungo senza nessun altro adulto oltre a voi alla guida, meglio dare ai bimbi anche dei giochini: pelouche, libretto o altro. Fatelo prima di partire, posizionando i giochi vicino al loro sedile, di modo da non dover subire le loro continue richieste durante il viaggio.
  9. ATTENZIONE AL CIBO: far mangiare i bambini in macchina può essere pericoloso, soprattutto in caso di incidenti o semplici frenate brusche. C’è il rischio di soffocamento. E’ preferibile farli mangiare, e bere, a macchina ferma, ma sempre legati.
  10. CHIUDERE LE PORTE: sembra scontato, ma è fondamentale chiudere tutte le portiere con la chiusura centralizzata, evitando che accidentalmente il bambino possa aprirle in corsa.

Indennità di maternità e congedo Legge 104

da studiocataldi.it

Ti trovi in congedo straordinario per assistere il coniuge o un figlio disabile e sei in maternità? Se credi di non aver diritto all’indennità di maternità perché tra l’inizio del congedo e l’inizio del periodo di astensione obbligatoria per maternità sono trascorsi più di 60 giorni, sappi che ti sbagli: la corte Costituzionale [1], difatti, ha recentemente riconosciuto il diritto di ricevere comunque l’indennità di maternità, se il congedo straordinario è finalizzato all’assistenza del coniuge o di un figlio con handicap grave. La Corte ha infatti stabilito che l’attuale normativa non rispetta la speciale protezione accordata dalla Costituzione, nel negare l’indennità di maternità alla madre che, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, fruisce da più di 60 giorni di un congedo straordinario per l’assistenza al coniuge o al figlio disabile. Il testo unico Maternità Paternità [2], difatti, non comprende il congedo straordinario Legge 104, tra i periodi di cui non tener conto ai fini dei 60 giorni tra l’inizio dell’assenza e l’inizio del periodo di congedo di maternità, superati i quali non spetta l’indennità di maternità. Il testo unico tiene conto unicamente, invece, della malattia, dell’infortunio sul lavoro, del congedo parentale o per la malattia del figlio, delle assenze per accudire minori in affidamento e del periodo di mancata prestazione lavorativa per part time verticale; in tutti gli altri casi, se passano più di 60 giorni tra l’ultima giornata lavorata e l’inizio del periodo di astensione obbligatoria, l’indennità di maternità non spetta più. Il testo unico Maternità Paternità è dunque illegittimo, nella parte in cui non include tra le esigenze di tutela l’assistenza del coniuge o del figlio disabili, in forza di un congedo straordinario: questa omissione è incostituzionale, perché impone una scelta tra l’assistenza al disabile e la ripresa dell’attività lavorativa, pregiudicando la madre che si faccia carico dell’assistenza. Facciamo allora il punto della situazione sull’indennità di maternità e congedo Legge 104: quali tutele spettano.

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In Francia approvata una legge che vieta l’uso degli smartphone nelle scuole

da ninjamarketing.it

Il parlamento francese ha appena votato la proposta di legge che mette al bando delle scuole l’uso degli smartphone.

Già a partire dal rientro a scuola, il prossimo settembre, gli studenti francesi non potranno più utilizzare i dispositivi mobili mentre sono a scuola. La legge, infatti, è stata approvata lunedì e si applicherà agli alunni tra i 3 e i 15 anni, ma a discrezione delle istituzioni potrà essere applicata anche nelle scuole superiori e nelle università.

L’approvazione della legge, voluta come “segnale forte” da Macron, ha suscitato grandi polemiche in Francia, con un tam tam di critiche sui social network.

Le uniche eccezioni saranno quelle applicate agli “scopi educativi” o per bambini con disabilità.

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